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«La nostra missione è supportare la finanza “valore su valore”». Intervista a Duilio Borettini

28 Aprile 2022

di Benedetto Colli

 

«Ormai il valore sociale dell’Impresa è un fatto acclarato. Non esistono più quelle forme di sfruttamento tipiche dell’era industriale. L’azienda è sempre più ESG: compatibile con l’ambiente, con il contesto sociale e con i principi dell’era moderna. È diventata una creatrice di valore, soprattutto sociale». Parola di Duilio Borettini, classe 1957, una vita spesa tra Parma e Milano, socio fondatore di CoFiP e presidente del comitato scientifico. Che aggiunge: «La nostra missione, ovvero aiutare l’Impresa a moltiplicare questa capacità valoriale, va al di là della questione degli utili. Creare posti di lavoro non è più solo un problema di sopravvivenza tout court, ma di dignità».

 

Com’è cambiata la professione di Consulente finanziario negli ultimi anni?
«Nelle cose essenziali, quali il mestiere in sé, la sua ragion d’essere, i valori che lo contraddistinguono e ne decretano il successo, ovvero il rapporto fiduciario e la capacità di comprendere le esigenze del cliente, è rimasto sostanzialmente lo stesso che ho praticato negli anni Ottanta. Sono cambiate molto la disponibilità di strumenti e l’ampiezza dei mercati con cui ci dobbiamo confrontare. Il Consulente finanziario, oggi, deve essere in grado di operare con maggiore reattività e flessibilità rispetto al passato, perché si confronta con un mercato sempre più mutevole, veloce, esigente e imprevedibile. Non può più lavorare da solo, ma deve diventare la punta di lancia di team di professionisti. Nel prossimo futuro, il mercato sarà gestito prevalentemente da figure di questo genere. Soprattutto, è cambiato il cliente: per lui, sono quasi del tutto caduti i preconcetti e i pregiudizi nei nostri confronti».

 

Da cosa nasce l’idea di CoFiP?
«Dalla necessità di trovare un punto di incontro virtuoso tra operatori finanziari e Imprese per compensare la distanza che si è venuta a formare negli anni. È un’esigenza diventata sempre più importante e più complicata per le normative e per gli eventi del mercato. CoFiP nasce dalla consapevolezza che questa è un’attività dall’alto valore aggiunto e socialmente molto importante. È quindi sorto il bisogno di creare una nuova categoria di Consulenti finanziari specializzati, i CFP».

 

Negli ultimi 10 anni, le PMI hanno visto crollare i loro finanziamenti creditizi del 25%. Per le grandi Imprese, invece, l’andamento è esattamente l’opposto. A cosa è dovuto questo fenomeno?
«Innanzitutto, è il numero delle PMI a essere diminuito. Inoltre, il mercato finanziario e le sue regole sono cambiati. Ci sono molti più servizi e molta più disponibilità a concedere il credito, ma gli strumenti tramite cui si può accedere a questi finanziamenti sono diventati estremamente complessi, e lo diventeranno ancora di più nel prossimo futuro. Le grandi Imprese sanno comunicare al mercato finanziario in maniera strutturata, le PMI no».

 

Come mai?
«Le grandi Imprese hanno una conoscenza approfondita dei documenti che la banca utilizza per valutare la concessione e la quantità dei finanziamenti, anche grazie alla presenza di figure quali i CFO. Inoltre, hanno la capacità di modulare le proprie attività coerentemente con le metriche che si utilizzano per concedere i finanziamenti. Dal lato delle PMI, invece, registriamo l’asincronia tra la banca, che ha tutto l’interesse e la volontà di concedere finanziamenti sia equity che lending, e l’Imprenditore che non è in grado di fornire i documenti e le informazioni necessari per ottenerli. Le PMI hanno bisogno di qualcuno che le affianchi e le aiuti a creare questo flusso d’informazioni in termini di qualità, quantità e tempo».

 

Ma all’Imprenditore non basta avere i bilanci in attivo per ottenere un finanziamento?
«Non più, la dinamica dei cambiamenti è accelerata. Fino a 20 anni fa, i tempi con cui un’azienda cresceva o falliva erano dilatati rispetto a quelli odierni. Allora, osservare i bilanci degli ultimi tre anni era sufficiente per desumere lo stato dell’Impresa e per proiettarne nel futuro la capacità di performare. Dalla crisi del 2008 e dalle modifiche alle norme sulla concessione dei finanziamenti, la globalizzazione, la digitalizzazione e la rapidità delle innovazioni non lo hanno più permesso. Le metriche si sono molto raffinate e non si studiano più solo i bilanci, ma anche i comportamenti andamentali, ovvero come si paga, si incassa e si gestiscono i finanziamenti, se in maniera casuale o con una logica. Gli Imprenditori, che dovrebbero assolutamente essere consci di questo fatto, spesso non ne hanno la minima idea. Il mercato è molto cambiato e cambierà ancora di più».

 

Quindi è urgente che le Imprese migliorino la loro comunicazione finanziaria?
«Sì, perché in finanza i problemi affrontati prima che si conclamino hanno un costo basso e le possibilità di risolverli sono alte; quelli affrontati dopo che si sono conclamati hanno un costo molto alto e le probabilità di riuscita sono basse. Anche in finanza, prevenire è meglio che curare».

 

La finanza, soprattutto a partire dalla crisi del 2008, è stata percepita come un nemico dell’Impresa. Come spiega questo fatto?
«Domandarsi se la colpa della crisi sia stata più delle banche, delle Imprese o della politica sarebbe come domandarsi se è nato prima l’uovo o la gallina. C’è stato un concorso di responsabilità. La politica, per esempio, ha osservato il crescere di questa distonia tra Imprenditori e sistema creditizio senza intervenire. Banca d’Italia ha provato innumerevoli volte a sensibilizzare i vari governi che si sono succeduti affinché attivassero programmi per aiutare l’incontro di questi due gruppi d’interesse. Tuttavia, è rimasta inascoltata. Rispetto al 2008, tuttavia, sono cambiate le regole. Banche e operatori finanziari non solo hanno stretto i cordoni della borsa, ma hanno anche riflettuto sull’importanza della comunicazione finanziaria».

 

Il sistema Paese può fare a meno delle PMI?
«Non è possibile. Non possiamo continuare a pensare che l’Italia, come tutti gli altri paesi del mondo, Stati Uniti e Cina compresi, siano in grado di reggersi solo sulle grandi aziende. Abbiamo bisogno delle PMI, come delle start-up innovative e dell’imprenditoria giovanile».

 

Oggi è ancora possibile una finanza «dei valori»?
«Nella mia visione, la domanda è diversa: è ancora possibile quella finanza snaturata fatta di carta su carta? Ormai se ne sono accumulati talmente tanti strati che a breve ci affogheremo dentro. Quanto può durare un simile sistema? Resiste solo nella misura in cui la finanza “valore su valore”, ovvero quella che produce benefici sociali in termini di dignità del lavoro e di capacità di produrre effettiva ricchezza per la comunità, stenta a trovare il giusto riconoscimento. La prima va ridimensionata per fare spazio alla seconda. La nostra missione è quella di accelerare questo processo grazie ai nostri valori professionali: la competenza, l’esperienza, la capacità di guardare al futuro, il sapere, il saper fare e non ultimo l’essere».